Displasia dell'anca

DISPLASIA DELL'ANCA

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Considerazioni personali: displasia dell’anca

Considerazioni omeopatiche

alla luce di 25 anni di esperienza

Dott. Mauro Dodesini

Sì : è possibile curare con successo la displasia dell’anca del cucciolo e dell’adulto qualunque sia il grado di classificazione della displasia.

Nel 1993 sono stato abilitato Medico Veterinario Fiduciario Aivpa alla ricerca della displasia dell’anca nel cane. Sono ormai trascorsi parecchi anni e credo di avere accumulato un’esperienza che mi permette di esprimere un’opinione personale sulla terapia e la profilassi della displasia dell’anca del cane.

Casistica:

La mia casistica personale (agosto 2019) è costituita da 909 casi di cani affetti da displasia dell’anca. Il grafico evidenzia i risultati:

In 499 casi (54%) c’è stata una ottima risposta alla terapia con un recupero funzionale completo dei pazienti.

    In 230 casi (25%) c’è stato un buon recupero funzionale caratterizzato da un ritorno completo alle proprie abitudini di vita.

    In 64 casi (8%) c’è stato un recupero sufficiente: non presentano dolori al movimento, ma non hanno recuperato un’andatura sciolta come prima della manifestazione clinica della patologia.

    In 37 casi (4%) non c’è stata una risposta soddisfacente. Questi soggetti, pur non manifestando dolore, sono ancora troppo deboli sul treno posteriore per poter tornare ad esprimere un’andatura normale. Due di questi pazienti erano affetti da gravi patologie: uno con gravi deficit neurologici e insensibilità dolorifica, l’altro con una importante insufficienza cardiaca aggravata dal soprappeso.

    In 79 casi (9%) non è stato possibile rivedere il paziente dopo la prima visita: talvolta dopo un’eruzione della cute, in altri casi dopo un aggravamento dell’andatura di cui, pur se avvertito il proprietario, non è stato compreso il significato.

I risultati sono stati pubblicati sul numero 71 di luglio 2019 de “Il medico Omeopata”, la rivista italiana di Omeopatia Classica della FIAMO

Classificazione della displasia dell’anca

La classificazione del grado di displasia è quella stabilita dalla Federazione Cinologica Internazionale (FCI) e comprende cinque gradi:

  • GRADO A – NORMALE: testa del femore e acetabolo congruenti, con bordo acetabolare craniale netto ed arrotondato, spazio articolare uniforme ed angolo di Norberg superiore a 105°.

Immagine radiografica di un’articolazione senza alcun segno di incongruenza articolare; in questo caso, in base alla classificazione internazionale della FCI, il grado è AA in quanto il bordo craniolaterale circonda leggermente la testa femorale (da FSA).

  • GRADO B – QUASI NORMALE: articolazione leggermente incongruente con angolo di Norberg di 105° oppure articolazione congruente e angolo minore di 105°.

Immagine radiografica di un’articolazione coxofemorale; si nota una leggera incongruenza articolare tra la testa del femore e la cavità acetabolare (da FSA).

  • GRADO C – DISPLASIA LEGGERA: articolazione incongruente con angolo di Norberg tra 105° e 100° e/o bordo acetabolare craniolaterale appiattito. Lievi segni di malattia articolare degenerativa.

Immagine radiografica di un’anca. In questo caso l’angolo di Norberg risulta essere compreso tra 105° e 100° (da FSA).

  • GRADO D – DISPLASIA MEDIA: sublussazione o lussazione della testa del femore, con angolo di Norberg tra 100° e 90°, appiattimento del margine acetabolare craniale e deformazione della testa del femore. articolare degenerativa.

Immagine di un’anca con grado D di displasia: sono evidenti i segni di degenerazione della testa femorale con appiattimento del bordo craniolaterale (da FSA).

  • GRADO E – DISPLASIA GRAVE: angolo di Norberg minore di 90° con lussazione della testa femorale e segni di artropatia degenerativa molto marcati, con grave deformità articolare.

Immagine radiografica di un’articolazione dell’anca con displasia di grado E; è presenta un grave rimaneggiamento osseo dei capi articolari, con sclerosi e numerosi osteofiti.

Riassumendo:

INQUADRAMENTO

Introduzione alla patologia

Alla nascita l’anca è quasi sempre normale; si tratta infatti di una patologia di tipo ereditario, ma non congenito, nella quale ha una notevole importanza l’espressione fenotipica di più geni riguardanti lo sviluppo scheletrico, sui quali i fattori ambientali vengono ad interagire in rapporto alla suscettibilità genetica individuale.

FISIOPATOLOGIA

Un ritardo nello sviluppo dell’apparato muscolare o, l’inadeguatezza della massa muscolare a seguire la crescita dell’apparato scheletrico predispongono alla mancata stabilità articolare.

L’instabilità dell’articolazione causa uno stress bio-meccanico della capsula e del legamento rotondo e la loro relativa ipertrofia.

La conseguenza principale è l’incremento di distanza tra le parti dell’articolazione e quindi del grado di sub-lussazione : si determinano quindi le condizioni per uno sviluppo anomalo e l’exitus finale sono la displasia dell’anca e la malattia articolare degenerativa.

La patologia viene diagnosticata quando è sintomatica e l’artrosi è ormai già instaurata : erosione articolare, evidenziazione dell’osso sub-condrale, manifestazione di osteofiti.

LASSITA’ ARTICOLARE

Premessa

La testa del femore in posizione normale non determina algìa .In condizioni normali è l’acetabolo che contiene e sopporta tutte le sollecitazioni a cui è sottoposta la testa del femore. In occasione di lussazione dell’anca è la capsula articolare ad essere sottoposta ad intense sollecitazioni perché non è supportata dall’acetabolo stesso e di conseguenza lo stiramento capsulare determina la lassità articolare.

Esame ortopedico del paziente in anestesia e in decubito dorsale.

1) Segno di Ortolani

Abducendo l’anca:

Appoggio la mano sinistra sul lato esterno del ginocchio destro in flessione e la spingo medialmente posizionando il femore verticalmente senza sottoporlo a flessione o estensione.

Nei giovani non è fondamentale sottoporre il femore ad una forte pressione lungo l’asse longitudinale mentre nel cronico adulto la pressione esercitata evidenzia l’angolo di riduzione.

Allentando la tensione della pressione esercitata dalla mano sul ginocchio in direzione mediale l’anca viene abdotta.

Quando la testa del femore lussata rientra nella cavità dell’acetabolo avverto un rumore di ” clunk”, che nel cronico può essere sostituito da un movimento a scatto.

La testa del femore rientra nell’acetabolo solo se la capsula articolare è stirata.

Quindi quando test è positivo:

siamo in presenza di una lassità articolare, non di displasia dell’anca.

L’ampiezza dell’angolo di riduzione è direttamente proporzionale all’entità dello stiramento della capsula.

Se il test è negativo:

non c’è stiramento della capsula o l’anca non si può ridurre.

L’angolo di riduzione corrisponde a quello di abduzione compreso tra la verticale del piano sagittale e l’asse del femore, determinato da una linea che unisce il centro della testa del femore e il centro del solco tra i condili.

– Quest’angolo è positivo quando l’anca viene abdotta, cioè se il femore è laterale rispetto al piano sagittale mediano.

– l’angolo è negativo quando l’anca è addotta, cioè se il femore è mediale rispetto al piano sagittale mediano. Si misura quest’angolo con il Goniometro Elettronico Canino.

2) Segno di Barlow

Adducendo l’anca la testa del femore scivola fuori dall’acetabolo, si lussa ed è sostenuta dalla sola capsula articolare. L’angolo di sub-lussazione corrisponde all’angolo compreso tra la verticale del piano sagittale e l’asse del femore, determinato da una linea che unisce il centro della testa del femore e il centro del solco tra i condili. 

Considero il paziente in decubito dorsale:

una volta determinato l’angolo di riduzione riporto il femore nella posizione verticale e sottopongo il ginocchio ad una spinta costante indirizzata medialmente. L’anca viene addotta e l’azione cessata quando la testa del femore incomincia lussarsi.

Quindi quando il test è positivo:

siamo in presenza di una lassità articolare, non di displasia dell’anca.

Se il test è negativo:

non c’è stiramento della capsula o l’anca non si può ridurre.

È un ottimo indicatore della parte di acetabolo sottostante al DAR, misura l’inclinazione funzionale del margine acetabolare dorsale, evidenzia la dinamica del rapporto tra acetabolo e testa del femore. Nel soggetto displasico è sempre maggiore di 0° e non diminuisce, anzi incline all’aumento perché è in relazione all’aumento di inclinazione del DAR determinato dalla proliferare gli osteofiti che colmano l’acetabolo e dall’ipetrofia del legamento rotondo.

L’angolo di sub-lussazione aumenta progressivamente fino a equivalere a quello di riduzione : quando si raggiunge questo valore si parla di angolo di traslazione

Commento :

L’angolo di riduzione evidenzia lo stiramento o la rottura della capsula articolare rispetto al DAR cioè la lassità articolare.

Quest’angolo determina il luogo esatto in cui la testa del femore e il margine acetabolare dorsale (DAR) entrano in relazione e quindi evidenzia il limite esatto del grado di abduzione e della forza muscolare che necessita per ristabilire la continuità anatomica corretta tra i due capi articolari.

Si possono così venire a creare le seguenti differenti condizioni :

  1. lo stiramento della capsula articolare è moderato. Il punto esatto in cui la testa del femore e il margine acetabolare dorsale (DAR) entrano in relazione, quando il femore è posto sul piano sagittale corrisponde alla parte dorsale della testa femorale.

  2. lo stiramento della capsula è di grado medio. E’ possibile uno spostamento laterale e dorsale della testa del femore che è ridotta dal legamento rotondo. Il punto di contatto tra DAR e testa del femore è più mediale : di poco dorsalmente alla fovea capitis.
  3. Lo stiramento della capsula è di grado elevato. Abbiamo raggiunto il massimo della capacità di stiramento, oltre il quale si lacera il legamento rotondo. Il punto di contatto tra testa femorale e DAR si è ridotto solo ad una piccolissima area sulla quale si scaricano tutte le forze. La conseguenza principale del trauma è la degenerazione della cartilagine posta dorsalmente alla fovea capitis.

La progressione delle lesioni è la seguente :

1) Fibrillazione della cartilagine.

2) Alterazione della forma della testa del femore e dell’acetabolo.

3) Contiguità tra le aree subcondrali dei due capi articolari.

  1. Lo stiramento della capsula è gravissimo. Abbiamo la lacerazione del legamento rotondo o il cedimento del bordo acetabolare dorsale e l’angolo di riduzione si amplia ancora.
  2. Fase di compensazione e rimodellamento.

L’angolo di riduzione diminuisce quando si realizza la fibrosi della capsula e/o proliferano gli osteofiti a livello del DAR. Questi contrastano la possibilità di una successiva lussazione dorsale e determinano il mantenimento di un nuovo equilibrio dell’articolazione.

Una situazione particolare :

i cuccioli con un accrescimento notevole tra i 4 e i sei mesi di vita.

I muscoli adduttori presentano un volume più grande, perché hanno perso per un breve periodo la capacità di allungarsi, rispetto ai muscoli abduttori. Quindi le forze lungo l’asse del femore vengono dirette lateralmente rispetto al DAR e la capsula articolare si allunga e contrasta la lussazione laterale della testa del femore.

Le conseguenze sono :

  1. un quadro di lassità articolare, e
  2. un accrescimento dell’angolo di riduzione.

Mentre il DAR risulta normale.

Questa situazione è transitoria e non deve essere scambiata con displasia, in quanto :

1) i capi ossei dell’articolazione sono nella norma, e

2) l’allungamento della capsula articolare ha una durata limitata nel tempo.

L’unica terapia consigliabile è quella conservativa nel periodo che intercorre dai 5 ai 12 mesi di vita.

Andatura a coniglio

I piedi sono mantenuti ravvicinati e gli arti posteriori sono utilizzati contemporaneamente .

1) Base ristretta: in un soggetto di taglia media del peso di circa 30 Kg i piedi sono ad una distanza di circa 3-5 centimetri e nella deambulazione i due arti posteriori creano una propulsione contemporanea mantenendo entrambi i piedi vicini in una” base stretta”. L’utilizzazione contemporanea del treno posteriore durante l’estensione ne riduce l’ulteriore infiammazione meccanica. Questo atteggiamento ci suggerisce la lussazione delle anche e l’evoluzione di queste verso una grave forma di artrosi. 

in alcuni soggetti questa posizione viene alternata con quella a:

2) Base allargata : i piedi sono ad una distanza di circa 12-15 centimetri.

3) Questa particolare alternanza di posture viene chiamata “ variazione della base di appoggio”.

Alcuni soggetti passano frequentemente dalla posizione “stretta” a quella ” larga” assumendo la posizione che in quel particolare momento è la più antalgica . Talvolta per salire le scale o prima di fare un salto sull’auto allargano le zampe per aumentare la base di appoggio.

L’iperestensione realizzata dal movimento della schiena permette di allungare il passo.

Bojrab “Tecnica chirurgica” Ed.Utet, 2001