Peritonite Infettiva Felina (FIP)

Introduzione

Introduzione

La peritonite infettiva felina (FIP) è una malattia molto comune e di frequente riscontro. Tra le malattie infettive dei gatti è una delle più fatali.

E’ una malattia immuno-mediata innescata da un coronavirus felino (FCoV).  Il FCoV appartiene alla famiglia Coronaviridae, un gruppo di virus a RNA a polarità positiva provvisti di envelope che si ritrovano spesso nei gatti. Gli anticorpi specifici per il coronavirus sono presenti nel 90% dei gatti dei gattili e nel 50% dei gatti di proprietà che vivono da soli. Approssimativamente solo il 5% dei gatti infetti da FCoV sviluppa la FIP.

Poiché la FIP non è solo comune ma soprattutto mortale  è indispensabile riuscire a fare una rapida e attendibile diagnosi. Purtroppo la difficoltà di una diagnosi corretta deriva sia dal fatto che non esistono sintomi patognomonici per questa malattia, sia dal fatto che un test diagnostico accurato ancora non esiste.

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Inizialmente è stato ipotizzato che i ceppi di coronavirus enterici causanti la FIP fossero differenti dai ceppi avirulenti di comune riscontro nei gatti. In realtà essi sono sono sierologicamente e geneticamente indistinguibili. Il virus agente della FIP  deriva da una mutazione di un coronavirus enterico avirulento. Si  è scoperto infatti che i gatti vengono infettati  da un ceppo  avirulento di FCoV che replica negli enterociti ma che a un certo punto subisce una mutazione a livello del suo genoma che gli aumenta la virulenza e  gli fornisce l’abilità di replicare nei macrofagi. Questo fatto è un momento chiave nella patogenesi della FIP.

Eziologia

La peritonite infettiva felina (FIP) è stata descritta per la prima volta nel 1963 come una sindrome caratterizzata da vasculite immunomediata e reazione piogranulomatosa. Nel 1978 è stato identificato un virus come agente eziologico che, nel 1979, è stato classificato come coronavirus e denominato “virus della peritonite infettiva felina”. La FIP è divenuta una malattia sempre più importante per i veterinari e deve essere considerata come la principale causa di morte nei gatti per  quanto riguarda le malattie infettive.

Una possibile spiegazione per l’aumento della prevalenza della FIP nel corso degli anni risiede nel  cambio di abitudini del gatto domestico. Una volta infatti la maggior parte dei gatti viveva fuori casa e solitamente defecava all’aperto. Oggi invece si usa far vivere in casa più gatti, con lettiere comuni e ciò li espone ad un’ampia carica di coronavirus. Chiaramente questo fenomeno si amplifica nei casi di colonie, gattili o allevamenti.

I coronavirus possono causare infezioni enteriche blande e senza sintomatologia, ma possono mutare e causare la peritonite infettiva.


Il coronavirus enterico felino, FCoV, è un virus a RNA e appartiene al genere Coronavirus della famiglia Coronaviridae. I coronavirus hanno enevelope pleomorfo e hanno un diametro di 100 nm (60-120). Hanno delle caratteristiche protrusioni a “petalo” dette peplomeri sulla superficie che sono responsabili dell’aspetto “a corona”  del virus che si apprezzare al microscopio elettronico, da cui il nome coronavirus. Questi peplomeri vengono dal virus per attaccarsi alla proteine di superficie delle cellule, che agiscono come recettori. In particolare sono specifici per gli enterociti. La replicazione di un coronavirus non mutato è perciò primariamente ristretta a queste cellule intestinali. Il virus mutato invece ha uno spettro di cellule su cui legarsi più ampio, inclusi i macrofagi.

Il FCoV appartiene allo stesso gruppo tassonomico dei coronavirus come il virus della gastroenterite trasmissibile (TGEV), coronavirus respiratorio suino, coronavirus canino (CCV) e alcuni coronavirus umani.

In molte specie di animali, i coronavirus hanno un tropismo d’organo relativamente ristretto: la maggior parte infettano le cellule respiratorie o gastrointestinali. Nei gatti e nei topi invece, l’infezione da coronavirus può, in certe circostanze, interessare molti organi.

I coronavirus sono relativamente poco specie-specifici; quello canino ad esempio che può causare diarrea nei cani è relazionabile al FCoV e può anche infettare i gatti. Dopo il contatto con feci di cane contenenti CCV, i gatti sviluppano anticorpi che cross reagiscono con il FCoV.

A seconda della relazione antigenica con il CCV, i ceppi di FCoV possono essere classificati come sierotipi I e II. Anticorpi contro il CCV neutralizzano il sierotipo II ma non il sierotipo I. Il sieroptio II geneticamente è più simile al CCV rispetto al sierotipo I. Anche la coltivazione dei due sierotipi è differente e anche la citopatogenecità in vitro: il ceppo I cresce con difficoltà nelle colture di cellule ed è dotato di un basso potere basso citopatogeno. Il sieroptio II invece cresce più rapidamente e dà un pronunciato effetto citopatogeno. Il sieroptio è il più prevalente (70-95%) in America e Europa, mentre in Giappone prevale il sierotipo I.

Entrambi i sierotipi comunque possono causare FIP ed entrambi possono dare infezioni  inapparenti.

Sintomatologia

I sintomi clinici dipendono totalmente dalla presenza o meno della mutazione virulenta

Infezione da coronavirus

Dopo l’infezione iniziale da FCoV,  possono esserci brevi episodi di sintomi alle alte vie respiratorie, anche se i sintomi usualmente non sono così importanti da richiamare l’attenzione. L’infezione può causare una transitoria e lieve diarrea con o senza vomito come risultato della replicazione del virus negli enterociti. I gattini infetti da FCoV generalmente sviluppano più facilmente diarrea. Qualche volta si aggiunge un problema di crescita stentata e occasionalmente hanno sintomi respiratori. In rare occasioni il virus ha causato vomito o diarrea importanti che non hanno risposto a trattamento per mesi.

La maggior parte dei gatti infetti da FCoV sono asintomatici.

Peritonite infettiva felina

I segni clinici della peritonite infettiva felina sono variabili, poiché possono essere interessati vari organi, compresi fegato, rene, pancreas occhi e sistema nervoso centrale. I segni clinci e i ritrovamenti patologici in corso di FIP sono la diretta conseguenza delle vasculiti. In tutti i gatti con sintomi non specifici, come un dimagramento cronico o febbre di origine sconosciuta resistente agli antibiotici o ricorrente, la FIP deve essere presa in considerazione in corso di diagnosi differenziali.

Nei casi di infezione naturale, il tempo esatto che intercorre tra la mutazione e lo sviluppo dei segni clinici è sconosciuto e quasi sicuramente dipende dal sistema immunitario individuale del gatto. Molto facilmente, la malattia diventa sintomatica in un tempo dopo la mutazione che varia da poche settimane fino ai 2 anni.

Sono state identificate 3 forme di FIP:

1) effusiva, essudativa, forma umida
2) non effusiva, non essudativa, secca, granulomatosa, parenchimatosa
3) forma mista

La prima forma è caratterizzata da peritonite fibrinosa, pleurite o pericardite con effusione nell’addome, nel torace e /o nel pericardio. La seconda forma senza effusioni evidenti, è caratterizza da modificazioni granulomatosi in diversi organi, inclusi gli occhi e il SNC. Nello stesso tempo è stato dimostrato che questa suddivisione scolastica delle tre  forme non è utile nella pratica, poiché contemporaneamente nello stesso gatto coesistono sempe effusioni grandi o piccole in combinazione con più o meno lesioni granulomatose in vari organi nello stesos gatto con FIP. In aggiunta, una forma può trasformarsi in un’altra.

Sintomi oculari

I gatti con FIP presentano frequentemente lesioni oculari.La lesione più comune, ma non evidente,  è a livello retinico.E’ opportuno quindi fare in tutti i casi di sospetta malattia un esame della retina. La FIP può causare lesioni alla vascolarizzazione retinica, che può apparire come una linea confusa grigiastra dall’altro lato del vaso. Occasionalmente si possono riscontrare granulomi retinici, emorragia retinica e/o distacco della retina. La sintomatologia tuttavia non è patognomonica: simili sintomi si possono riscontrare in altre malattie, come toxoplasmosi, infezioni fungine sistemiche, FIV e FELV.

Un’altra comune manifestazione oculare è l’uveite. L’uveite è un’infiammazione della tonaca uveale dell’occhio, che è formata da iride, corpi ciliari e vasi coroidali. Una  leggera uviete può manifestarsi con un cambio di colore dell’iride. Di solito, parte o tutta dell’iride diventano marroni, anche se occasionalmente gli occhi blu appaiono verdi. L’uveite si può anche manifestare come una vampata acquosa, con un opacamento della camera anteriore, il quale può essere visionato solo in una stanza buia usando illuminazione focale. Un largo numero di cellule infiammatore nella camera anteriore passano sul dietro della cornea e causano precipitati cheratinici che possono essere nascosti dalla membrana nittitante. In certi gatti, c’è emorragia nella camera anteriore. Se l’umor acqueo esce, si possono rilevare elevate proteine e pleociti.

Sintomi neurologici

La FIP è una causa comune di disordini neurologici nei gatti. Sono molto variabili e riflettono l’area del SNC colpito. Di solito le lesioni sono multifocali. I sintomi più comuni sono atassia, seguiti da nistagmo. In aggiunta possono essere riscontrati incordinazione, tremori non volontari, iperestesia, cambi del comportamento e difetti dei nervi cranici.  Se i nervi cranici sono coinvolti, i sintomi neurologici possono essere deficit o perdita del riflesso della minaccia, a seconda del nervo coinvolto. Se la lesione della FIP è localizzata in un nervo periferico o nel midollo spinale, atassia progressiva, tetraparesi, emiparesi o paraparesi.

Epidemiologia

La peritonite infettiva è un problema che riguarda soprattutto gatti che convivono negli stessi ambienti, come case e colonie e, in misura minore, i gatti randagi.

Prevalenza

Il coronavirus felino (FCoV) è distribuito in tutto il mondo nei gatti domestici e in quelli selvatici. Il virus è endemico specialmente negli ambienti dove molti gatti vivono insieme in spazi ristretti (es. gattili, negozi di animali..). Come minimo il 50 % dei gatti negli USA e in Europa hanno anticorpi contro i coronavirus. In Svizzera l’80% dei gatti  allevati e il 59 % dei randagi testati hanno presentato anticorpi per il virus, in Inghilterra l’82 % dei gatti testati (53 % domestici, 15% selvatici). Il FCoV è relativamente raro nei randagi liberi poiché questi gatti vivono solitari senza stretti contatti con i consimili . E’ per questo motivo che nei gatti domestici è bene non utilizzare lettiere comuni per più gatti, poiché aumenta la possibilità di trasmissione del virus.

Anche se la prevalenza di infezione di FCoV è alta, solo il 5% dei gatti domestici  sviluppa FIP. La percentuale è ancora più bassa nel caso gatti singoli. Il rischio di sviluppo della FIP è più alto per i gatti giovani e immunocompromessi, poiché la replicazione del virus in questi animali è meno controllata e la mutazione critica può per questo accadere più facilmente. Più della metà dei casi di gatti con FIP sono più giovani di 12 settimane.

Trasmissione e infezione

La trasmissione in genere è oronasale.

I gatti si infettano  attraverso feci contaminate lasciate da un gatto affetto o da una lieve infezione enterica da coronavirus o da FIP. Il virus mutato causante FIP non è stato trovato nelle secrezioni o escrezioni dei gatti affetti da questa malattia. Per questo motivo, la trasmissione del virus mutato è considerata inverosimile in circostanze naturali. Può essere trasmesso per via iatrogena e in condizioni sperimentali.

Il FCoV è relativamente fragile (viene inattivato a temperatura ambiente in 24-48 ore e distrutto dalla maggior parte dei disinfettanti e detergenti), ma in condizioni favorevoli come ambienti caldi e secchi (es: tappeti) può sopravvivere anche 7 giorni. La trasmissione indiretta è perciò possibile e il virus può essere trasmesso attraverso giochi, vestiti..

Il modo più comune di infezione è attraverso le feci infette. Perciò, la maggior fonte di infezione per gatti non infetti sono le lettiere comuni con gatti infetti. Se più gatti usano la stessa lettiera, possono infettarsi più facilmente. La continua reinfezione attraverso lettiere contaminate di gatti già infetti sembra giocare un ruolo importante nella sopravvivenza del virus. Raramente, il virus può essere trasmesso attraverso la saliva. La trasmissione transplacentare è rara.

Eliminazione del virus

Il FCoV viene eliminato soprattutto con le feci. Nella prima infezione esso si può ritrovare nella saliva quando il virus replica nelle tonsille e, verosimilmente , nelle secrezioni respiratorie. È verosimile che i gatti sani immessi in una situazione come un gattile, vengano infettati dal FCoV, sviluppino anticorpi e eliminino il virus per un periodo da settimane a mesi.

Con la PCR è stato dimostrato che molto gatti eliminano il virus intermittentemente ma spesso diventano eliminatori di FCoV cronici per tutta la vita, provvedendo ad alimentare le fonti  di infezioni per gli altri gatti. Gatti che risultano anticorpo negativi con tutta probabilità non sono eliminatori.

E’ stato dimostrato che gatti con alto titolo anticorpale  eliminano il virus  in maniera più consistente;  l’alto titolo anticorpale è direttamente correlato con la replicazione e il numero di particelle virali presenti nell’intestino.

Patogenesi

Il FCoV non mutato replica negli enterociti, causando un’infezione asintomatica o una leggera diarrea. Quando muta invece replica nei macrofagi e causa la peritonite infettiva. Si credeva una volta che il FCoV avirulento rimanesse confinato al tratto digerente, incapace di  attraversare la mucosa, e che  non potesse passare dall’epitelio intestinale ai linfonodi regionali. Invece il  FCoV può essere ritrovato nel sangue usando RT-PCR non solo nei gatti con FIP ma anche in gatti con infezioni leggere o asintomatiche da coronavirus. Ciò indica che anche il FCoV non mutato causa viremia. E probabile che la viremia nei gatti che non sviluppano FIP sia più breve e di basso grado.

Patogenesi dell’infezione enterica da coronavirus (FCoV)

Quando un gatto si infetta con il FCoV per ingestione (o, più raramente, per inalazione), il sito primario di replicazione virale è l’epitelio intestinale. Il recettore specifico per il FCoV  è un enzima, amino peptidasi-N, che si trova nell’orletto a spazzola degli enterociti. La replicazione del FCoV nel citoplasma  di queste cellule può causarne la distruzione. I gatti possono in questo modo sviluppare diarrea, a seconda del grado di replicazione del virus. In molti gatti l’infezione persiste per un lungo periodo di tempo senza causare segni clinici. Questi gatti eliminano intermittentemente FCoV o continuamente e agiscono come fonte di infezione per gli altri gatti.

Patogenesi della peritonite infettiva felina (FIP)

La FIP per se stessa non è un’infezione ma una malattia sopradica causata da una variante del virus che si sviluppa in uno specifico gatto.

Occorrente per la mutazione

La FIP si sviluppa quando c’è una mutazione spontanea in una certa regione del genoma del FCoV (si ritiene che i geni 3C e 7B siano i più critici). Ogni volta che c’è un infezione da FCoV, c’è la possibilità di  sviluppo della FIP. La mutazione critica accade sempre nello stesso gene, ma l’esatta localizzazione varia. La comparazione del genoma di un virus mutato con il virus normale rivela il 99,5% di omologia. La mutazione permette un cambio delle proteine di superficie del virus che gli permette una volta fagocitato dai macrofagi, di legarsi ai ribosomi degli stessi macrofagi. Perciò questo virus mutato, in contrasto con quello innocuo, è capace di replicare nei macrofagi. Questo è considerato l’evento chiave nella patogenesi della FIP.

La diminuita soppressione del virus nell’intestino da parte del sistema immunitario può permettere un aumento della replicazione del virus. Questo, a sua volta, predispone il gatto allo sviluppo della FIP attraverso l’aumento dell’emissione del virus, poiché aumentando la replicazione del virus si rende più facile la mutazione virulenta. Ogni fattore che aumenta la replicazione intestinale dell FCoV aumenta la probabilità della mutazione. Questi fattori inclusono caratteristiche fisiche (giovane età..), stato immunitario compromesso (magari da altre infezioni come FIV o FeLV), stress, trattamento con glucorticoidi, tasso di reinfezione con altri gatti di casa. È proabile che i gattini sviluppino FIP poiché sono soggetti a una larga dose di virus in un periodo della vita in cui il loro sistema immunitario non del tutto formato sta combattendo con altre infezioni o con lo stress da vaccinazione. La domanda perché un gatto sviluppa FIP e molti altri no non ha ancora risposte precise.

Sviluppo della malattia

La FIP è una malattia immuno-complessa che coinvolge virus, anticorpi antivirali e complemento. Non è il virus di per se stesso che compie i maggiori danni ma è la rezione immunitaria del gatto che porta alle conseguenze fatali. In circa 14 giorni dopo la mutazione, il virus mutato  si è distribuito con i macrofagi in tutto il corpo (è  stato trovato nel cieco colon, linfonodi intestinali, milza, fegato e SNC).

Ci sono due possibili spiegazioni che spiegano la disseminazione del virus dall’intestino: la prima propone il meccanismo per il quale i macrofagi infetti da FCoV mutato lascino il comparto sanguigno e permettano così al virus di entrare nei tessuti. Il virus attrae anticorpi, si fissa il complemento e più macrofagi e neutrofili sono attratti nella lesione. Come conseguenza, si sviluppa il tipico granuloma. La spiegazione alternativa è che la FIP è il risultato degli immunocomplessi circolanti che, usciti dalla circolazione  fissano il complemento e permettono lo sviluppo di reazioni granulomatose. La conseguenza della  formazione di immunocomplessi nel gatto dipende dalla loro taglia, dalla concentrazione di anticorpi e dall’antigene contenente. Gli immunocomplesso si depositano più facilmente dove la pressione del sangue è alta e vi sono turbolenze, e questo succede dove i vasi si biforcano. Le lesioni sono comuni nel peritoneo, nei reni e nell’uvea, tutti siti dove la pressione del sangue è alta e turbolenta.

I macrofagi infetti e morenti non rilasciano solo il virus, ma anche  sostanze chemiotattiche, incluso il complemento e i mediatori dell’infiammazione. Il rilascio di amine vasoattive causa  retrazione delle cellule endotelilali e questo aumenta la permeabilità vascolare. La retrazione delle cellule dell’endotelio vasale permette l’essudazione delle proteine plasmatiche (da qui lo sviluppo del caratteristico essudato ricco di proteine).  I mediatori dell’infiammazione attivano gli enzimi proteolitci che causano il danno tissutale. Le vasculiti immuno mediate permettono l’attivazione del sistema della coagulazione e la coagulazione intravasale disseminata.

Diagnosi

Diagnosticare  un’infezione da coronavirus felino enterico è possibile mediante RT-PCR nelle feci o con un microscopio elettronico su un preparato di feci. La biopsia intestinale è di limitato valore, poiché i ritrovamenti istopatologici, come ulcerazione, lesioni e fusioni dei villi non sono specifici. L’infezione da FCoV come causa di diarrea può essere confermata solo se c’è positività all’immunoistochimica o all’ immunofluorescenza sulla biopsia.

La diagnosi definitiva ante mortem è estremamente difficile nella maggior parte dei casi. La FIP è spesso sotto diagnosticata, soprattutto per i sintomi non specifici (febbre cronica, perdita di peso, anoressia, malessere…).

Esami di laboratorio

Ci sono molti riscontri comuni nei gatti con FIP, ma nessuno è patognomonico.

  • Conta cellulare commicroscopiopleta e parametri della coagulazione

Il numero delle cellule del sangue può cambiare con la FIP, ma non è patognomonico. I globuli bianchi  possono diminuire o aumentare. Anche se spesso si dice che linfopenia e neutrofilia sono tipici della FIP, questo cambio può essere interpretato come un tipico leucogramma da stress che si ritrova in molte patologie sistemiche del gatto. In più del 65% dei casi di FIP c’è anema, solitamente con una lieve diminuzione dell’ematocrito. L’anemia può essere rigenerativa. In questi casi è causata principalmente da un’anemia emolitica autoimmune. Comunemente si può riscontrare trombocitopenia come risultato della coagulazione intravasale disseminata.

  • Profilo biochimico

Il più consistente ritrovamento laboratoristico nei gatti con FIP è l’aumento delle proteine nel siero. Si ritrova nel 50% dei gatti con versamento e nel 70% di quelli senza versamento. L’aumento delle proteine totali è dovuto dall’aumento delle globuline (soprattutto le gamma), che portano a una diminuzione del rapporto albumine-globuline. Più che l’aumento delle globuline, sembra essere patognomonico la diminuzione dell’albumina. Una diminuzione dell’albumina sierica accade per una diminuita produzione da parte del fegato o per una perdita di proteine. La perdita di proteine può essere atribuita alla glomerulopatia causata dal deposito di immunocomplessi, da un enteropatia essudativa in caso di granulomi nell’intestino o ancora per la vasculite.

Gli altri parametri di laboratorio (enizimi epatici, bilirubina, urea, crea..) possono variare a seconda del grado e della localizzazione delle lesioni e non sono di particolare aiuto nella diagnosi. Iperbilirubinemia e ittero sono spesso osservati e sono frequentemente un riflesso della necrosi epatica, a discapito del fatto che alp e alt spesso non sono aumentati drammaticamente come in altre patologie del fegato, come colangioepatiti e emolisi da anemia autoimmune. La bilirubina spesso aumenta nei gatti con FIP senza evidenza di emolisi, malattie epatiche o colestasi. È stato ipotizzato che il metabolismo della bilirubina e l’escrezione nel sistema biliare sia compromesso nei gatti con FIP, similarmente ai ritrovamenti in casi di sepsi.

  • Esame degli essudati

Se c’è versamento, lo step diagnostico più importante è raccogliere il fluido ed esaminarlo. Solo la metà dei gatti con versamenti soffrono di FIP. Perciò anche se l’effusione di colore giallo chiaro e appiccicoso è spesso definita tipica della FIP, la presenza di questo tipo di fluido in cavità corporee da solo non è diagnostico. L’effusione nella FIP può essere chiara, color paglierino, o viscosa e schiumosa scuotendola per l’alto contenuto proteico. Il versamento può coagulare se refirigerato. Se la raccolta è sanguinolenta o con del pus, la FIP è meno probabile.

L’effusione della FIP è usualmente classificata come trasudato modificato, combinando le caratteristiche sia del trasudato che dell’essudato. Le proteine contenenti sono di solito elevate (più di 35 gL), riflettendo la composizione del siero, anche se il contenuto cllulare è basso e si avvicina a un trasudato (sotto 1000 cellule nucleate per ml). Ci sono tante proteine a causa dell’alta concentrazione di gamma globuline. Altre malattie che causano simili effusioni sono linfoma, problemi cardiaci, colangioepatite, peritonite o pleuriti batteriche.

Alla citologia il versamento mostra un carattere piogranulomatoso, dove predominano macrofagi e neutrofili. Simile a sierosite batterica o linfoma: queste effusioni si distinguono dalla presenza di batteri o cellule maligne circolanti.

Un semplice test, detto test di Rivalta, si usa per distinguere trasudati da essudati.

  • Test del liquido cerebrospinale

Rileva elevate proteine (50-350 mg/dl contro il massimo di 25) e pleocitosi (100-10.000 cellule per ml) con molti neutrofili, linfociti e macrofagi. Ma non è specifico.

  • Misurazione degli anticorpi

Il titolo anticorpale sierico è un test diagnostico molto usato. In visione del fatto che una larga percentuale di gatti sani hanno anticorpi positivi per il FCoV, che un alto titolo si trova in gatti asintomatici e che molti mai svilupperanno FIP, il titolo anticorpale dev’essere interpretato con estrema cautela.

Terapia

Per un gatto affetto da FIP, la prognosi è quasi sempre infausta.

Trattamento di gatti sani anticorpo positivi

Non c’è nessun trattamento che possa prevenire lo sviluppo della FIP in gatti sani ma con anticorpi per il FCoV. Un trattamento con corticosteroidi può nell’immaginario prevenire i sintomi clinici che possono verificarsi  (se la mutazione avviene) per un certo periodo di tempo, ma l’immunosoprressione ha l’effetto opposto e precipita i sintomi clinici poiché può aumentare il rischio di mutazione (se la mutazione non è già accaduta). Perciò, l’immunosoppressione è controindicata se il gatto è solo affetto da un coronavirus enterico innocuo. Poiché lo stress è un fattore importante nello sviluppo della FIP, evitare stress inutili può essere di beneficio. L’uso di IFN è ancora in discussione.

Trattamento di gatti con enterite indotta da coronavirus

La maggior parte dei casi di diarrea da FCoV non mutato sono autolimitamte. Gatti con diarrea cronica che hanno anticorpi contro FCoV, nei quali tutte le altre cause possibili sono state eliminate o nei quali il  FCoV è stato trovato nelle feci con eletromicroscopio, possono solo essere trattati con terapia di supporto con fluidi e alimentazione parenterale. Trattamento con lattulosio o yogurt naturale può beneficiare poiché regola la flora batteria. Nessun trattamento specifico antivirale sembra esserci per curare questa condizione.

Trattamento sintomatico di gatti con FIP

Il trattamento della FIP è per lo più destinato a fallire. Certi gatti con sintomi leggeri possono sopravvivere per alcuni mesi e il trattamento migliora la loro qualità di vita. Quando i sintomi sono debilitanti e il peso e l’appetito diminuiscono, è necessario preaparare il proprietario alla fine del gatto.

Poiché la FIP è una malattia immunomediata, il trattamento è atto a controllare la risposta immunitaria al FCoV e i migliori trattamenti consistono in dosi relativamente alte di immunosoppressori (come prednisone e ciclofosfamide) e antinfiammatori. Alcuni gatti con versamento trovano beneficio nella rimozione del fluido e iniezione di desametasone in cavità toracica o addominale. Possono essere anche trattati con anticorpi a largo spettro e terapia di supporto liquida. Un inibitore della sintesi di trombossano con il quale si inibisce l’aggregazione di piasrine..

Terapia antivirale

È ancora oggeto di studi.

Prevenzione

Sfortunatamente, prevenire la FIP è estremamente difficile. L’unico modo è prevenire l’infezione da coronavirus enterici. Le vaccinazioni non prevengono ne per la FIP ne per il FCoV.

Gestione del gatto dopo contatto

Se in casa c’è stato un decesso di un gatto per FIP e non ci sono altri gatti, è meglio aspettare circa 3 mesi prima di prenderne un’altro poichè il virus sopravvive al massimo 7 settimane nel’ambiente. Se ci sono altri gatti in casa, essi sono già probabilmente infetti e eliminatori di FCoV.

È una pratica comune portare al veterinario un gatto che ha già avuto contatti con un sospetto o malato di FIP e voler sapere la prognosi del proprio animale. È probabile che il gatto abbia gli anticorpi per il FCoV poiché più del 95% dei gatti esposti  diventano infetti e  sviluppano anticorpi in 2 o 3 settimane dopo l’esposizione. Ci sono alcuni gatti, anche se pochi, che sono resistenti all’infezione; il meccanismo di azione della resistenza è però sconosciuto. I proprietari vanno informati che il loro gatto avrà gli anticorpi ma che ciò non è necessariamente collegato ad una diagnosi infausta. Molti gatti infetti da FCoV non sviluppano FIP e gatti che vivono da soli (o al massimo in due), con quindi scarse possibilità di reinfettarsi,  eliminano l’infezione e possono diventare anticorpo negativi in pochi mesi. Certi gatti comunque rimangono positivi per anni.

Management di più gatti con coronavirus endemico

Ambienti dove vivono meno di  di 5 gatti possono spontaneamente e naturalmente diventare FCoV free, ma in situazioni con più di 10 gatti questo è impossibile, poiché il virus passa da uno all’altro mantenendo l’infezione. Questo virtualmente è valido per le colonie, gattili, negozi…

Si consiglia per per eliminare il virus in casa ridurre il numero di gatti (soprattutto cucciolo sotto le 12 settimane) e pulire in maniera minuziosa tutte le superfici.