Il rimedio omeopatico

Diluizione e dinamizzazione

Quando Hahnemann osservò che l’aggravamento dei sintomi che si manifestava nei pazienti in seguito alla somministrazione dei medicamenti omeopatici era dovuto alle dosi troppo alte, egli sistematicamente ridusse le dosi.

Il metodo che egli mise a punto a questo scopo è seguito ancora ai nostri giorni: esso è il metodo della potentizzazione dei rimedi, cioè della riduzione della concentrazione della sostanza terapeutica con simultanea dinamizzazione. In sintesi si tratta di una successione di passaggi, ciascuno consistente in una diluizione (decimale o centesi male) che viene accompagnata da forte scuotimento (cento forti scosse).

Le sostanze insolubili sono triturate in un mortaio di porcellana, o meglio di acciaio inox, mescolandole in parti uguali con lattosio. Dalla terza triturazione, decimale o centesimale, le sostanze insolubili divengono solubili in alcool o acqua (tale è il procedimento originale di Hahnemann, che fu anche un ottimo chimico); e le potenze possono essere continuate con lo stesso metodo dei medicamenti liquidi.

Nell’Organon, par. 275, Hahnemann dice che «la convenienza di un rimedio, in un caso di malattia, si fonda non solo sulla sua scelta perfettamente omeopatica (secondo la legge della similitudine ) ma anche sull’esiguità della dose nella quale viene somministrato».

La tecnica della diluizione-dinamizzazione fa sì che ogni sostanza sviluppi il suo potere di similitudine, la sua proprietà farmaco-dinamica. In alcuni casi si tratta di sostanze che a dosi ponderali possiedono azione terapeutica minima, superficiale o addirittura nulla (per esempio Lycopodium, uno dei più importanti medicamenti omeopatici).

Nel procedimento farmaco-dinamico omeopatico della dinamizzazione si assiste a un’evidente trasformazione della sostanza. Essa subisce, in molti casi, “un’inversione farmacologia” (legge di Arndt e Schülz) e diviene “un’energia medicamentosa”, capace di agire sul piano energetico del soggetto.

Si tratta di un fenomeno essenzialmente dinamico; il dinamismo morboso, che costituisce la malattia, può reagire al dinamismo medicamentoso, in quanto quest’ultimo è stato elevato sul piano energetico mediante dinamizzazione.

La dose minima, infinitesimale, appare dunque come lo strumento che permette l’applicazione della legge della similitudine. Ma l’una è strettamente legata all’altra: in nessun caso la prescrizione di un rimedio omeopatico, a dose infinitesimale, può costituire da sola una prescrizione omeopatica corretta; essa deve essere stata selezionata sulla base della totalità dei sintomi del soggetto ammalato. Per questa ragione nelle confezioni omeopatiche in commercio non troverete mai foglietti esplicativi riguardanti le possibilità d’applicazione del medicamento, come si trovano invece nelle confezioni dei farmaci complessi allopatici.

(Tratto dal libro di Franco Del Francia, “Omeopatia Veterinaria” – RED Edizioni – 1985)