Calicivirus Felino

Eziologia

Eziologia

l calicivirus felino (FCV) è un patogeno molto infettivo del gatto, ampiamente distribuito nella popolazione felina mondiale. Il virus tipicamente causa una affezione acuta della cavità orale e delle vie aeree superiori, solitamente di entità moderata e autolimitante.

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Il calicivirus felino è un virus privo di envelope, a singolo filamento di RNA a polarità positiva con un capside sferoidale con piccole depressioni a forma di calice. Le dimensioni si aggirano attorno ai 35-40 nm di diametro.

Anche se sono state rinvenute notevoli differenze antigeniche tra i calicivirus isolati dai gatti, il livello di cross reattività è sufficiente per classificarli tutti in un unico sierotipo. Come gli altri virus a RNA, il genoma del FCV subisce continuamente rapide mutazioni, con un tasso minimo di riparazione che esita in un aumento della diversità dei ceppi.

Sintomatologia

L’infezione delle vie aeree superiori da calicivirus compare dopo un periodo di incubazione che va dai 2 ai 10 giorni. La natura e la gravità delle lesioni dipendono dal ceppo infettante, ma i segni tipici includono scolo nasale e oculare da sieroso a mucopurulento, starnuti, iperemia congiuntivale e blefarospasmo. Si possono riscontrare anche depressione, anoressia, ipersalivazione e febbre. Ulcerazioni della lingua sono presenti in certi gatti e una percentuale di gatti portatori sviluppa una stomatite cronica linfoplasmocitaria refrattaria ai trattamenti.

 

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Ulcere linguali

Di recente sono emersi nuovi ceppi di calicivirus felino responsabili di forme acute sistemiche virulente (VSD), caratterizzate da un’altissima mortalità nei gatti adulti e vaccinati. I gatti affetti da questa forma presentano tutta la sintomatologia degli altri calicivirus, inclusa anoressia, ulcere orali, scolo nasale e oculare, tutti di gravità maggiore. La febbre è presente in molti casi, solitamente superiore ai 40,6°. I sintomi clinici distintivi della forma sistemica virulenta sono l’edema cutaneo, alopecia e ulcerazioni. Pustole sono state viste in svariati casi. L’edema più comunemente è a carico della faccia e degli arti anteriori, le croste e le ulcerazioni sul naso, labbra, attorno agli occhi e sugli arti posteriori.

È interessante notare come questi nuovi mutanti di FCV ricordino l’evoluzione del virus della malattia emorragica del coniglio: uno studio retrospettivo ha dimostrato come questo virus esistesse in una forma apparentemente non patogena fino agli anni ’80. In quel periodio venne registrata in Cina la prima forma letale dovuta ad una mutazione del virus che poi si diffuse a livello mondiale.

In ultimo bisogna ricordare che il calicivirus felino è anche associato ad altre sindromi, come il complesso. gengivite-stomatite cronica linfoplasmocitaria (LPGS).

 

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Edema facciale in un gatto con la forma sistemica virulenta

Epidemiologia

Il virus viene trasmesso per contatto diretto da un gatto malato ad uno recettivo, ma esiste anche la possibilità di una trasmissione indiretta; il virus infatti può resistere nell’ambiente da alcuni giorni ad alcune settimane, meglio se con il tempo freddo.

 

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La prevalenza di infezione da FCV è molto più alta nelle colonie feline

Solitamente un animale infetto elimina il virus per un periodo di tempo che va una decina di giorni a qualche settimana. Esistono però gatti che sviluppano un’infezione persistente a livello orofaringeo che può durare anche tutta la vita. Essi eliminano continuamente particelle virali, in quantità differenti a seconda del tempo e del soggetto. Questo stato di portatore è fondamentale sul piano epidemiologico della malattia; i vaccini in commercio non prevengono in nessun modo lo sviluppo di questo stato di portatore.

Per quanto detto, si può ben comprendere come l’infezione da calicivirus sia un problema soprattutto per i gatti che vivono in gruppo: la prevalenza di infezione da FCV nei gatti privati è del 10% circa contro quella del 25-40% dei gatti delle colonie.

 

Immunità

 

Immunità passiva acquisita col colostro. Gli anticorpi materni sono importanti per la protezione durante le prime settimane di vita e possono interferire con la vaccinazione. Ci sono pochi dati circa la durata degli anticorpi materni contro il FCV nei gattini; in generale il loro livello è più alto e dura più a lungo rispetto agli anticorpi materni contro l’herpesvirus. Sperimentalmente si è visto che l’emivita degli anticorpi materni si aggira intorno ai 15 giorni e persistono fino alle 10-14 settimane. In pratica però già a 6 settimane di vita certi gatti non presentano più anticorpi contro il virus.

Patogenesi

Un gatto può infettarsi per via nasale, orale o congiuntivale. Il virus replica principalmente nel tessuto orale e respiratorio, anche se i ceppi variano nella patogenicità e nel tropismo per i tessuti, così da rendere possibile il riscontro del virus in organi vari, nelle feci e occasionalmente urine.

FCV associato a lesioni orali e delle alte vie respiratorie. Le ulcerazioni orali sono il riscontro più frequente nell’infezione da FCV.

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Le ulcere nascono come vescicole, tipicamente ai margini della lingua (possibili anche altre localizzazioni) che poi si rompono, con necrosi dell’epitelio che le ricopriva e infiltrazioni di neutrofili alla periferia e alla base. La guarigione avviene in genere dopo un periodo di 2 o 3 settimane. Le lesioni polmonari occorrono invece più raramente; esse partono da un iniziale alveolite focale per poi evolvere in polmonite essudativa e infine in una forma di polmonite interstiziale proliferativa.

 

 

FCV associato a zoppia. Le lesioni che si apprezzano nelle articolazioni dei gatti affetti da questa patologia consistono in una sinovite acuta con ispessimento della membrana sinoviale e un aumento in quantità del liquido sinoviale all’interno dell’articolazione. Gli antigeni virali sono stati identificati nei macrofagi della membrana sinoviale dei gatti malati.

FCV associato a malattia virulenta sistemica. Poco ancora si conosce, ma è chiaro che nei casi di VSD il virus riesce ad entrare in compartimenti cellulari che normalmente non sono vengono interessati dal calicivirus. Le lesioni sono varie e includono edema sottocutaneo, ulcerazioni della bocca e vari gradi di ulcerazione della cute, Le altre lesioni sono molto variabili e includono polmonite bronchiolointerstiziale e necrosi nel fegato, milza e pancreas. L’antigene virale è stato ritrovato nella pelle, mucosa nasale, polmone, pancreas e cellule endoteliali del derma associato a necrosi.

Diagnosi

I sintomi clinici di un’infezione non complicata da FCV sono molto simili a quelli causati da alti patogeni, soprattutto da herpes virus felino 1, ma anche batteri comeChlamydiophila felis e Bordetella bronchiseptica. Perciò i segni clinici da soli non possono essere sufficienti per stabilire una diagnosi certa, anche se la presenza di importanti ulcerazioni orali o zoppie possono indirizzare verso la calicivirosi.

Un’infezione mista è la situazione più comune nei gattili e ciò complica ulteriormente la diagnosi. Gatti con epistassi, scolo da una sola narice, deformità facciale e marcata linfoadenopatia sottomanibolare necessitano di un’attenzione particolare: in diagnosi differenziale oltre al FCV va messa neoplasia maligna, polipi nasofaringei, coagulopatie, patologie dentali e criptococcosi.

Una buona diagnosi differenziale è anche essenziale in quei gatti che non rispondono ai trattamenti sintomatici convenzionali, o che hanno esperienza di episodi ricorrenti di affezioni respiratorie. Il protocollo diagnostico per i gatti con scolo nasale cronico prevede un esame di base del sangue e delle urine, test sierologici per il virus della immunodeficienza felina (FIV), per quello della leucemia felina (FeLV) e per Cryptococcus neoformans, radiografia del cranio o TAC, rinoscopia e biopsia della mucosa nasale per test microbiologici per patogeni responsabili di forme respiratorie. Vista l’alta morbilità e mortalità del FCV virulento, i tets microbiologici sono essenziali nei gatti sospetti di questa forma poichè permettono in caso di risposta positiva di trattare subito al meglio l’animale.

La sierologia invece non è raccomandata per la diagnosi di infezione da FCV.

Terapia

I gatti con un’importante infezione da FCV necessitano di cure intensive e terapia di suflebopporto; in particolar modo si rende spesso necessaria la reidratazione del’animale mediante la somministrazione intravenosa di soluzioni elettrolitiche. L’alimentazione è estremamente importante: molti gatti non si nutrono per la febbre e/o per le ulcere orali. L’utilizzo di antinfiammatori non steroidei possono diminuire la febbre e il dolore. Il cibo in questi casi deve essere molto appetibile, eventualmente scaldato per renderlo ancora più gradito. Se dopo tre giorni l’animale ancora non si alimenta, è necessario iniziare l’alimentazione parenterale. Alcuni autori suggeriscono di provare prima con sostanze che aumentano l’appetito come ad esempio il diazepam.

 

Si consiglia poi una terapia antibiotica a largo spettro per eventuali sovrinfezioni batteriche (amoxicillina o doxiciclina). Fondamentale l’utilizzo di antibiotici con una buona penetrazione nel tratto respiratorio e cavità orale.

Se ci sono secrezioni nasali, vanno pulite accuratamente più volte al giorno con soluzione fisiologica e si consiglia l’applicazione topica di una pomata emolliente. Se le secrezioni nasali sono mucose, sostanze con effetto mucolitico, come ad esempio la bromexina, possono essere di aiuto e la nebulizzazione con soluzione salina è utile nel contrastare la disidratazione delle vie aeree.

TERAPIA ANTIVIRALE: la maggior parte degli antivirali usati in medicina veterinaria inibiscono solamente la replicazione dei virus a DNA o dei retrovirus e quindi non sono utili nelle infezioni da FCV. Il Ribavirin è uno dei pochi antivirali che è stato capace di bloccare la replicazione del FCV ma in vitro. Appare però tossico. Anche l’interferone omega felino mostra l’inibizione in vitro, ma non si usa ancora.

Profilassi vaccinale

vaccinazione

 

Esistono molti tipi di vaccini per FCV. Sono generalmente considerati sicuri e capaci di ridurre e prevenire i sintomi classici orali e respiratori, ma non proteggono contro l’infezione e lo sviluppo dello stato di portatore. L’evidenza sul campo mostra come i vaccini non proteggano dalla forma virulenta sistemica, visto il picco di questa forma nei gatti vaccinati.

Tutti i vaccini in commercio sono fatti dall’antigene virale completo coltivato su colture cellulari. La maggior parte sono monovalenti (di un unico ceppo) ma recentemente è stato approvato un vaccino bivalente. I vaccini vivi attenuati e inattivati che sono in commercio vengono somministrati per via parenterale. I vaccini vivi invece sono somministrabili per via nasale ed inducono un’immunità mucosale locale. Comunque, poiché il virus replica nel sito di inoculo, segni clinici come leggeri starnuti possono presentarsi dopo qualche giorno in alcuni individui. Se disponibili, i vaccini nasali sono particolarmente utili quando è richiesta rapidamente la protezione, ad esempio quando un gatto viene portato in una colonia. In più, al contrario dei vaccini parenterali, richiedono una sola somministrazione per indurre l’immunità in seguito alla prima vaccinazione.

Il protocollo vaccinale classico prevede l’utilizzo dei vaccini parenterali, con prima somministrazione a 8-9 settimane di vita, seconda a 12 settimane e poi richiamo annuale. L’evidenza però suggerisce che non tutti i gattini sono capaci di rispondere alla vaccinazione a 12 settimane e che quindi in certe circostanze è necessario vaccinare più tardi per superare gli anticorpi materni.