Le pandemie da cortile

Il benessere animale e le pandemie da cortile:

dalla sindrome della mucca pazza, all’aviaria e alla febbre suina

Dott.ssa Renata Calieri – www.omeo-pathos.com

Leggendo un vecchio articolo del Dott. M. Verdone[1] sul periodico di agricoltura biologica Mediterraneo [1], si trovano molti spunti su cui riflettere. Ed è risultato inevitabile collegare le sue considerazioni etiche e profonde, all’esplosione sul nostro bistrattato Pianeta di tutte quelle patologie di stretto collegamento animale, che sono poi divenute allarmanti pandemie al costo di vite umane.

Si legge in un’intervista all’epidemiologo Tom Jefferson [2], un tempo referente della Cochrane Vaccines Field, che tutte le influenze di natura virale sono imprevedibili, ma le apocalittiche infestazioni di SARS, aviaria, mucca pazza destarono davvero uno stupore e uno scompiglio internazionale senza precedenti.

Solo la SARS, che era un’epidemia davvero pericolosa, dice Jefferson, passò come una meteora: venne e se ne andò velocemente uccidendo parecchie persone; colse tutti di sorpresa perché era sostenuto da un coronavirus completamente sconosciuto. “Da dove veniva? Dove se n’è andata? È ancora qui?… Non lo sappiamo. Ogni anno viene identificato un nuovo agente infettivo. […] Così occorre tenere gli occhi aperti in ogni direzione.”.

Ma perché, a rotazione ogni due anni, sono comparse epidemie mai viste prima, che hanno colpito una precisa specie animale in stretto rapporto con l’uomo?

Come mai non si annoverano simili stragi di origine virale in specie selvatiche come gli aironi del Lago Titicaca o le gazzelle della savana africana?…

Dalle parole del Dott. Verdone, si può individuare un filo conduttore nel trattamento che questi animali subiscono nel corso della loro esistenza.

Il percorso è quanto mai scontato e sotto gli occhi di tutti: gli animali cosiddetti “da reddito”, destinati cioè all’alimentazione umana (o alla speculazione umana?…) sono tenuti in spazi ristretti e sacrificati a un vivere assai diverso da quello per cui erano nati; condividono lo stesso destino di diventare quella carne da macello di cui l’uomo si nutre, ma in quelle condizioni gli animali si ammalano (sempre più facilmente e in modi sempre più imprevedibili) e di conseguenza l’uomo “mangia” proprio quei mali di cui essi sono affetti. Sempre più speculazione, sempre più affollamento negli allevamenti, sempre più malattie per le bestie, e sempre più per l’uomo.

Se è vero che la BSE (o sindrome della “mucca pazza”) era comparsa per via dei mangimi di origine animale di basso costo con cui si alimentava la specie bovina altrimenti erbivora, è facile comprendere che alla comparsa di una qualche reazione patologica non doveva nascere stupore.

Dice Marco Verdone che tutto quello che mangiamo diventa parte costituente del nostro organismo così che, come recita un vecchio detto, “siamo quello che mangiamo”. Ecco quindi che il cibo di scarsa qualità che, in cambio di profitto e di grosse quantità vogliamo ottenere, piuttosto che “contribuire a promuovere la vita, a sostenerla e garantirla nella sua virtuosa evoluzione, a stimolare le forze vitali dell’alimento che a loro volta aiuteranno la nostra forza vitale a rimanere in equilibrio e a tenere in armonia il nostro corpo, le nostre sensazioni, le nostre funzioni, le nostre idee”, invece ci uccide a mucchi.

Per qualità, ci ricorda il Dott. Verdone, non s’intendono tanto le caratteristiche organolettiche riscontrabili chimicamente in un cibo, quanto piuttosto la potenzialità di trasmettere quella “vita” che sarà parte di noi con l’alimentazione, e che a monte si concretizza nella condotta della pianta o dell’animale destinato a diventare nutrimento. Ogni tappa dell’allevamento deve essere ispirata al benessere e al rispetto, non solo degli animali, ma anche della flora e della fauna circostanti, dell’uomo coltivatore o allevatore e consumatore.

In agricoltura biodinamica, infatti, si usa il termine di organismo agricolo quando si parla di tutto il microcosmo costituito dalla terra coltivata, dai mammiferi che la abitano, dalle piante che portano frutti, dagli insetti e dai microrganismi che vi promuovono la vita; e così dai frutti di ciascun elemento di quell’organismo che nutrono i suoi stessi abitatori in una ruota autosufficiente e autonoma.

Che cosa capitò, nel 2000, con la sindrome della mucca pazza?

Essa segnò proprio la denuncia di questa legge assoluta venuta meno: benessere animale e qualità degli alimenti che ne derivano, vanno di pari passo. Non è possibile allevare animali nella sofferenza e pretendere di rimanere sani, perché dalla qualità della vita degli animali allevati, origina la qualità degli alimenti ad uso umano, e di conseguenza la salute dei suoi consumatori. [1]

Bovini alimentati con farine animali, vaccini, antibiotici ed ormoni a chili, ovviamente li intossica; e con 20 chili della loro carne infetta si possono ammalare un milione di persone. Allora si denunciavano 1.000 casi sospetti nell’UE di cui 364 “sicuri” in sette anni. [3]

E tutto questo per cosa? Per aumentare la produttività, il profitto, la speculazione?

“In ogni ecosistema” scrive Verdone “come in ogni società, il benessere di una parte non può coesistere con il malessere di un’altra. Altrimenti diventa un stato di benessere apparente e ben presto si assisterà alla comparsa di segnali che ne evidenzieranno lo squilibrio.”.

Lo stesso accade in Agricoltura: fertilizzanti agro-tossici, trattamenti chimici di sintesi, pesticidi sempre più aggressivi impoveriscono la terra e i suoi vegetali. E nella lotta ai parassiti infestanti, restano sterminati anche gli organismi e gli insetti che lavorano per la maturazione e la carica nutrizionale dei frutti che consumiamo.

Ecco quindi terreni inariditi e incapaci di dare il supporto giusto alle colture, sterili e depauperati irreparabilmente.

Sistemi più equilibrati, nel rispetto di tutto il microcosmo (come la Biodinamica e l’Agro-Omeopatia), ridurrebbero la dipendenza dell’agricoltore dall’acquisto e dal consumo di fertilizzanti e additivi chimici, tutti derivati dal petrolio e per ottenere i quali si consuma una quantità esagerata di energia. [4, 5]

Ma si sa: le bio-tecnologie a basso costo, con alto impatto sociale, economicamente sostenibili ed eco-compatibili con l’ambiente, non piacciono troppo alle industrie produttrici di fertilizzanti chimici e additivi. Tant’è che in questa direzione vanno anche tutte le assurde proposte di interventi OGM, su piante e animali, che condanneranno allevatori e agricoltori alla sudditanza ad acquisti e spese obbligate di sistemi che sono stati brevettati in ogni singolo processo di preparazione, per farne un business di pochi, e una (tossico-)dipendenza di tutti.

E questo è un altro triste e vastissimo capitolo, non tanto lontano però da quanto accade con le epidemie umane, come l’influenza aviaria del 2005.

Non si possono infatti lasciare da parte i sospetti e le ragioni più che ovvie che inducono le case farmaceutiche a incentivare e raccomandare l’uso indiscriminato delle vaccinazioni su tutta la popolazione. Un’altra forma di dipendenza. E guarda caso, spesso i colossi industriali farmaceutici sono gli stessi che commercializzano anche fertilizzanti e additivi per l’agricoltura.

Mentre alcune voci mediatiche già allora trasmettevano informazioni fuorvianti sostenendo che la vaccinazione anti-influenzale era utile anche nei confronti dell’influenza aviaria, Jefferson ci ricorda che per la maggior parte dei casi, un vaccino non funziona per le malattie simil-influenzali, perché è destinato a contrastare i virus influenzali veri e propri e specifici. Per questa ragione il vaccino non cambia nulla nella quota di elevata mortalità durante i mesi invernali, e anche nel migliore dei casi, il vaccino funziona solo contro i virus influenzali a un grado limitato. [2] Ma sono, queste, versioni del tutto inascoltate.

Infatti, imperterriti, gli epidemiologi dell’OMS sostenevano che è vero che il vaccino antinfluenzale non è protettivo nei confronti della trasmissione del virus aviario ma è meglio che l’epidemia influenzale sia contenuta per non creare falsi allarmi nella popolazione. [2] Un’ottima scusa…

Allo stesso modo, il terribile virus della SARS nel 2003 era un coronavirus estremamente variabile nella sua composizione e quindi difficile da gestire con un vaccino. Eppure, anche in questo caso, la somiglianza  influenza/SARS (dal momento che i sintomi erano estremamente simili) è stata subito sfruttata per incentivare il vaccino antinfluenzale, creare panico, stanziare soldi, creare dipendenze e profitti. [3]

Si ha la sensazione – dice Jefferson a proposito dell’ultima apparizione recente dell’H1N1 – che un intero apparato industriale stia aspettando che questa influenza scoppi. Che novità.

Una megacampagna di prevenzione nei confronti di un ceppo virale ignoto e di prenotazione di centinaia di milioni di dosi di un vaccino per una ipotetica pandemia, muove i mercati e sposta le quotazioni in borsa di miliardi di euro in pochi mesi. [2] Il sito www.attentiallebufale.it rimanda al link del pandemiometro[2], che illustra giorno dopo giorno l’andamento in borsa e quindi il valore delle azioni delle maggiori industrie coinvolte in qualche maniera nella pandemia. Ci sono Glaxo, Baxter e Roche, insieme a produttori di siringhe, maschere, disinfettanti cutanei e quant’altro.

Tra le altre cose, c’è sempre il pericolo che il virus influenzale in circolazione sia cambiato nel tempo, col risultato che il vaccino sarà totalmente inefficace. Nel migliore dei casi, invece, i pochi studi decenti esistenti, mostrano che il vaccino funziona principalmente in giovani adulti sani, mentre aiuta solo un po’ gli anziani e i bambini, se mai. [2]

Come accade ai terreni bistrattati e violentati dalle pratiche di un’agricoltura volta al solo sfruttamento incondizionato, anche l’organismo umano, inibito da eccessi di farmaci, da abusi di detergenti, disinfettanti, e di chimica in genere, è reso inverosimilmente vulnerabile, poco reattivo, incapace di rispondere con i sistemi di difesa di cui la Natura lo aveva dotato, impoverito della flora batterica intestinale e genitale, dello strato lipidico cutaneo, del sebo nutriente e protettivo, di un sistema immunitario efficiente.

E ridotto in tale stato, l’organismo non sarà più in grado di far fronte neppure minimamente all’aggressività di nuovi virus stimolati a una mutazione (ad opera dei vaccini usati incondizionatamente) verso ceppi più resistenti.

Misure assolutamente non dispendiose, dice Jefferson, sono invece in grado di contrastare i 200 patogeni che portano sintomi influenzali, come pure i virus gastro-intestinali e i germi ancora completamente sconosciuti. “Uno studio fatto in Pakistan ha mostrato che il semplice lavarsi le mani può salvare la vita dei bambini.”. [2]

Per tornare in conclusione al tema da cui siamo partiti, osserviamo dunque che ogni azione volta ad ottenere qualcosa, seppure con buone intenzioni, è orientata alla “lotta contro” (parassiti, malattie, infestazioni) e a politiche “anti” (antibiotiche, antimicotiche), che quasi sempre portano a risultati e a prodotti commestibili di scarso valore nutrizionale. Ma questo sistema di procedere non dispiace ai produttori di farmaci e di pesticidi, che da un lato ti vendono gli agro-chimici che disinfestano togliendo valore nutrizionale ai prodotti delle colture e degli allevamenti, e dall’altro sono pronti a venderti l’integratore vitaminico per fronteggiare quella carenza nutrizionale (che loro stessi hanno provocato). Un modo astuto per vendere due volte.

Consapevolezza, informazione e buon senso, sono la soluzione a questo sfacelo e a questi soprusi che fanno il bello e cattivo tempo in settori di vitale importanza quali la salute e l’alimentazione.  E per una “qualità” davvero differente, la ricerca e l’indagine di tecnologie eco-compatibili sono l’unico cammino che può condurre l’umanità verso un futuro pieno di stabilità armonica. [4] Solo una nuova concezione scevra da mero sfruttamento, saccheggio e violenza, a favore di uno scambio amorevole con la terra e con gli esseri viventi che la abitano, può valorizzare la vita che consumiamo.

BIBLIOGRAFIA

[1] Rivista di agricoltura biologica Mediterraneo, n° 20, inverno 2003/2004

[2] “A whole industry is waiting for a pandemic” Tom Jefferson in an interview with Spiegel – www.attentiallebufale.it

[3] http://www.alister.it/paure.htm

[4] Radko Tichavsky – “Homeopatia para las plantas” Edizioni Fujimoto – Messico 2009

[5] http://www.agrisophia.it/index.html