Introduzione e conclusioni

Introduzione

Il primo a teorizzare la presenza di fotoni che venivano prodotti da organismi viventi (biofotoni) fu il biologo russo Gurwitsch, nel 1923.

Egli osservò che avvicinando al fusto di una radice di bulbo di cipolla (rilevatore) la punta di un secondo bulbo (emettitore), si produceva un aumento delle divisioni cellulari nel primo fusto. Un diaframma di vetro normale, che assorbe radiazioni ultraviolette, annulla l’effetto stimolante la divisione cellulare; al contrario un diaframma al quarzo, che permette il passaggio di radiazioni ultraviolette, stimola nel fusto della cipolla delle divisioni cellulari. Non essendoci stato contatto fisico tra le due radici, l’unica interpretazione attendibile era uno scambio di tipo “energetico-informativo”.

Attorno al 1950, altri scienziati russi di “Biofizika”, confermavano la presenza di biofotoni negli organismi viventi. Un nuovo e molto sensibile rivelatore di luce, il “tubo fotoamplificatore”, permise la prima conferma rigorosa e sperimentale da parte di un fisico: il professor Facchini dell’Università di Milano. Da quel momento gli studi e le ricerche nel campo della “radiazione cellulare ultradebole” ebbero un grande impulso ad opera di ricercatori in varie parti del mondo.

Nel 1983, in Germania, Fritz Albert Popp, pubblicò la “Teoria dei Biofotoni”.

Tra il 1972 e il 1980 Popp e il suo gruppo valutarono tutte le essenziali proprietà fisiche dei biofotoni. Tra il 1981 e il 1986, il biologo molecolare Walter Nagl, invitò Popp e il suo gruppo a cooperare nel suo laboratorio all’Università di Kaiserslautern. Nagl, Popp e Li definirono meglio la teoria biofotonica, stabilendo le diverse emissioni esistenti tra le cellule normali e le cellule tumorali. In diversi esperimenti evidenziarono il DNA come fonte principale di biofotoni. Attualmente Popp continua le sue ricerche all’Istituto Internazionale di Biofisica di Neuss (Germania). Appartengono allo stesso Istituto altri 14 gruppi di lavoro in varie sedi universitarie dislocate in tutto il mondo.

 

Conclusioni

Nell’ambito della cellula e dei rapporti intercellulari, i biofotoni rappresentano un vero e proprio linguaggio per la trasmissione delle informazioni in codice.

Anche i processi enzimatici, essenziali per la dinamica del buon funzionamento della cellula, sembrano guidati da segnali elettromagnetici. I biofotoni, che originano dal nucleo cellulare, sembrano funzionare come “stazione radio” che guida i processi cellulari attraverso la presenza di campi elettromagnetici. Questa “stazione radio” sarebbe anche in grado di ricevere ed elaborare i vari segnali elettromagnetici che giungono dall’esterno. Popp afferma:… siamo, quindi, sistemi comunicanti in modo ideale con una piattaforma comunicativa gigantesca……Tuttavia, le evidenze sperimentali fino ad oggi, non permettono di avere una comprensione completa dell’origine e del ruolo che questo fenomeno gioca all’interno degli organismi viventi. Se ulteriori dati sperimentali porteranno alla conferma della “teoria dei biofotoni”, la “medicina naturale” troverebbe la risposta ai numerosi quesiti che fino ad ora sono apparsi non spiegabili sulla base delle conoscenze attuali.

Immagine tratta da “Corso di Biologia” volume B, Zanichelli, di William K. Purves, Gordon H. Orians, H. Craig Heller