Fisica delle particelle elementari e delle loro interazioni

La Fisica delle particelle elementari studia le componenti fondamentali della materia e le loro interazioni. Alla comprensione pressoché definitiva dell’atomo si giunse alla fine degli anni ’30, dopo lo sviluppo della Meccanica Quantistica. L’atomo è composto da un nucleo di protoni, dotati di carica elettrica positiva, e di neutroni, privi di carica. Il nucleo è circondato da una “nuvola” di elettroni; questi ultimi, dotati di carica elettrica negativa, sono tenuti in prossimità del nucleo a causa della carica elettrica positiva di questo, per effetto delle interazione coulombiana.

Tuttavia, il fatto che i protoni ed i neutroni del nucleo atomico formino un sistema stabile a dispetto della repulsione elettrostatica fra i protoni e l’osservazione dei decadimenti radioattivi dei nuclei, che producono raggi α, β e γ, indicano l’esistenza di altre particelle e di altri tipi di interazione. Complessivamente ne sono note oggi ben oltre 100. Gli elettroni fanno parte di una famiglia di particelle relativamente leggere chiamate leptoni, che finora non hanno mostrato di possedere una sottostruttura e sono quindi particelle elementari nel senso stretto del termine. I protoni e i neutroni fanno parte di una numerosa famiglia di particelle più pesanti, gli adroni. Gli esperimenti di collisione con gli acceleratori hanno mostrato che gli adroni sono dotati di struttura interna, essendo formati da combinazioni di particelle più piccole, i quark. Allo stesso modo, da combinazioni di quark, è formata la maggior parte delle particelle “elementari” scoperte.

Nel 1983 il fisico italiano C. Rubbia con un gruppo di ricercatori del CERN di Ginevra scoprì le particelle attraverso le quali interagiscono le i. deboli, individuandole nei bosoni W e Zo. Nel 1984 Carlo Rubbia ha ricevuto il premio Nobel per la fisica, insieme a Simon Van der Mere, collaboratore nella medesima ricerca, “per il contributo decisivo che ha portato alla scoperta delle particelle W+ e W-, mediatrici dell’interazione debole, una delle forze fondamentali dell’universo”.  Il significato della scoperta di Rubbia e Van der Meer, al di là della motivazione ufficiale, risiede nel fatto di avere potuto accertare sperimentalmente la validità della teoria secondo la quale le forze elettromagnetiche e le forze nucleari deboli non sono totalmente distinte, ma esistono in forme mescolate, di cui sono esempio i bosoni, vettori intermedi da essi scoperti.

Le interazioni di tutte le particelle conosciute possono essere ricondotte a quattro tipi di interazione fondamentale: elettromagnetica, debole, forte e gravitazionale.

Le interazioni fondamentali sono le quattro forze con le quali è possibile spiegare tutti i fenomeni naturali, da quelli che avvengono su scala microscopica (atomica e nucleare), a quelli macroscopici.  Ciascuna interazione è trasmessa da particelle che agiscono da mediatori e quindi, nella visione della fisica moderna, le forze sono viste come lo scambio di queste particelle tra i corpi che interagiscono. Uno degli sforzi principali della fisica attuale è quello di unificare teoricamente le interazioni fondamentali in un unico modello, dove ciascuna di esse non sia altro che un diverso modo di apparire di un’unica forza originaria presente nei primi istanti di vita dell’Universo. Dopo l’unificazione tra elettromagnetismo e forza debole (S. Weinberg, A. Salam e S. Glashow, primi anni ’70), si sta ora tentando di far rientrare nel modello la forza forte; per quella gravitazionale non vi sono ancora teorie soddisfacenti. I modelli che prevedono l’unificazione di tutte e quattro le interazioni fondamentali prendono il nome di teorie della grande unificazione (GUT).

La trattazione unificata delle interazioni elettromagnetica, debole e forte si chiama Modello standard delle interazioni fondamentali.

Il Modello standard ha consentito di interpretare con sorprendente accuratezza i risultati dei processi di collisione tra particelle elementari e risponde a molte domande sulla struttura e sulla stabilità della materia. Tuttavia, uno dei suo attori principali, il bosone di Higgs, non è ancora stato rivelato in alcun esperimento di collisione. L’osservazione di questa particella negli esperimenti di collisione presenti e futuri è uno dei principali obiettivi della ricerca .

Tutti i leptoni hanno la caratteristica di non interferire facilmente con la materia: le interazioni a cui prendono parte sono le interazioni deboli e le interazioni elettromagnetiche. L’altra categoria di particelle, gli adroni, si distingue da quella dei leptoni in quanto le componenti sono soggette alla interazione forte, responsabile del legame tra i protoni e i neutroni nel nucleo atomico. Gli adroni si dividono in due sottocategorie: i mesoni e i barioni.

Cern (Ginevra – Svizzera)

Alla categoria dei barioni appartengono, per esempio, il protone e il neutrone, costituenti dei nuclei atomici, mentre a quella dei mesoni, che inizialmente erano considerati i mediatori dell’interazione forte, appartengono, per esempio, il pione e il kaone. Il modello a quark suggerì che gli adroni non fossero particelle veramente elementari. In particolare, i mesoni risultano costituiti da una coppia quark-antiquark, mentre i barioni sono formati da tre quark. I quark interagiscono con i leptoni attraverso la forza debole e la forza elettromagnetica, ma interagiscono tra loro attraverso la forza nucleare forte. I quark hanno l’importante proprietà di avere carica elettrica frazionaria rispetto a quella dell’elettrone (u=+2/3; d=s=-1/3).

Per quanto riguarda l’interazione tra quark, si ammette l’esistenza di un tipo di particella priva di massa, il gluone (dal termine inglese che significa collante, colla), responsabile della vera forza forte, quella che tiene insieme i quark negli adroni e della quale la forza forte che lega i nucleoni nel nucleo è solo una debole immagine. Le ultime e più importanti scoperte riguardano i mediatori dell’interazione debole, ovvero le particelle W+, W- e Z0. Nelle moderne teorie, l’intensità di una interazione è inversamente proporzionale alla massa del mediatore. Dunque queste particelle sono molto pesanti, e per tale motivo all’acceleratore di protoni e antiprotoni del CERN di Ginevra è stato possibile solo nel 1983 rivelare i bosoni W. La scoperta della Z0 ha dovuto aspettare l’ultimazione del LEP, l’acceleratore di elettroni e positroni del CERN (Ginevra-Svizzera) , avvenuta alla fine degli anni Ottanta.

Le ricerche e gli esperimenti concepiti da Rubbia aprivano nuove prospettive, come sottolineò il prof. Gösta Espong della Reale Accademia delle Scienze di Svezia nella conclusione del suo discorso in occasione dell’assegnazione del premio a Rubbia e a Van der Meer: «La scoperta di W e Z non è la conclusione – è l’inizio».

La teoria della relatività non solo ha modificato drasticamente la nostra concezione delle particelle, ma ci mostra anche che forza e materia hanno la loro comune origine nelle configurazioni dinamiche che chiamiamo particelle.

Nella fisica moderna, l’universo appare quindi come un tutto dinamico, inseparabile, che comprende sempre l’osservatore in modo essenziale. Nell’esperienza i concetti tradizionali di spazio e tempo, di oggetti isolati e di causa ed effetto, perdono il loro significato.

Alla luce di queste considerazioni, il biologo e il medico, che studiano l’uomo, devono prendere in esame questi concetti ed integrarli con le conoscenze di biologia molecolare. Vi è la possibilità di interpretare un problema di tipo molecolare anche da un punto di vista vibrazionale o energetico, poiché esistono i pressuposti scientifici per far questo.