Caratteristiche dei biofotoni

Caratteristiche dei biofotoni (radiazione cellulare ultradebole)

  1. L’emissione fotonica ultradebole si manifesta presumibilmente in tutti gli organismi viventi. La sua rilevanza sembra aumentare con l’evoluzione degli esseri viventi.
  2. Il flusso fotonico è di una intensità che va da 1 fino ad alcune migliaia di fotoni al secondo per centimetro quadrato di superficie d’emissione. Un’intensità all’incirca corrispondente a quella di una candela distante 20 km.
  3. Quando le cellule vengono uccise (centrifugazione, riscaldamento, radiazioni ionizzanti, avvelenamento, raffreddamento), l’intensità dell’emissione aumenta drasticamente (fino ad un fattore 1000) e si esaurisce con la morte dell’aggregato cellulare.
  4. Gli studi sembrano indicare che l’emissione di biofotoni sia dovuta a molecole metastabili eccitate in cui si verifica una inversione di spin degli elettroni. In modo particolare l’ossigeno molecolare (O2) mostra una significativa anomalia. Esso si presenta nel suo stato fondamentale come radicale, poiché in questo stato, in cui è energeticamente al livello più basso, esso non satura il suo spin elettronico. Sebbene esso abbia un numero pari di elettroni, due elettroni dell’ultima orbita si ordinano con gli spin paralleli tra loro, e non antiparalleli come nella maggior parte delle molecole. L’orientamento parallelo dello spin porta a 3 posizioni energeticamente diverse, relativamente ad un campo magnetico esterno. Lo stato energetico assume così 3 diversi stati possibili (tripletti):

Le molecole possono ruotare, vibrare ed anche eccitarsi. Le molecole allo stato eccitato hanno proprietà fisiche e chimiche completamente differenti da quelle originarie tanto che sì possono considerare come una specie di isomeri instabili.

Uno degli esempi più “visibili” dell’eccitazione delle molecole è il caso dell’ossigeno O2: esso esiste in natura in una molecola biatomica che possiede due elettroni spaiati (ossia è una molecola biradicalica) che si possono disporre in diverse maniere negli orbitali liberi a disposizione. La forma a più bassa energia ha gli spin dei due elettroni dello stesso segno (regola di Hund) e la molecola possiede una molteplicità di tripletto;

In tabella sono riportate le strutture convenzionali classiche, le vite medie (τgas), le energie relative all’ossigeno tripletto (E) e le lunghezze d’onda (l) della luce che è necessaria per ottenere le due diverse forme di ossigeno singoletto. Tripletto Singoletti 3Σg- 1Δg 1Σg+ τgas vita media 45 min 7 s E energia – 96 KJ mol-1 160 KJ mol-1 λ lunghezza d’onda 350 nm 1269 nm 762 nm (Fonte: www.unict.it)

L’ossigeno molecolare quindi, al contrario delle altre biomolecole, costituisce un tripletto già nello stato energeticamente più basso.

Se l’ossigeno viene eccitato, mediante apporto di energia chimica o mediante irradiazione luminosa diretta, uno degli elettroni spaiati può rovesciarsi. Per saturazione degli spin si forma ‘ossigeno singoletto’

È stato valutato come i biofotoni, nonostante la loro bassa intensità siano in grado di innescare tutte le reazioni biochimiche delle cellule. Compito dei biofotoni è quello di eccitare gli stati elettronici delle biomolecole (complesso attivato), i quali determinano la loro reattività chimica. Una reazione chimica avviene soltanto quando il campo radiante (es. termico) fornisce almeno un fotone di adeguata energia Ea (E= energia d’attivazione del complesso di transizione), capace di attivare il complesso intermedio di un reagente. La regolazione enzimatica si basa sul fatto che gli enzimi quali catalizzatori abbassano il val¢ore dell’energia di attivazione, aumentando così drasticamente la velocità di reazione. La disponibilità di fotoni al posto giusto e al momento giusto è condizione prima della reattività, significa perciò regolazione e, quando al processo in atto partecipano più centri, anche comunicazione. La funzione delle biomolecole è allora semplicemente quella di adattarsi a questo campo regolativo, compenetrarlo, influenzarlo a loro volta e quindi guidarlo attivamente. Il presupposto essenziale di questo modello di regolazione biochimica è che i biofotoni costituiscano, all’interno delle cellule, e nell’intero aggregato cellulare, un campo elettromagnetico di adeguata coerenza (capacità di assumere carattere ondulatorio e quindi la capacità di interferenza). Con la crescente coerenza aumentano anche altre proprietà quali l’identificabilità, la trasparenza, il trasporto di energia senza perdite, le capacità regolative e di trasmissione d’informazione.

Per documentare la funzione regolativa dei biofotoni è necessario dimostrare le loro proprietà coerenti. Questo è avvenuto con numerosi dati sperimentali provenienti da autori diversi.

Lo spettro di questi biofotoni si estende a tutto le spettro elettromagnetico, della gamma UV fino alla gamma delle onde radio.

Rappresentazione di un’onda elettromagnetica.

Ogni radiazione è legata ad una energia secondo la relazione E = hn

quantizzata secondo la costante di Planck h (1858-1947; premio Nobel nel 1918):

h = 6,626196 x 10-34 J s

L’interazione luce-materia comporta scambi di E ed avviene per quanti o fotoni, pacchetti di energia

tratta da: American Institute of Physics www.aip.org/png/html/mrfm.htm

Quando, dove e quali livelli energetici della materia biologica vengono attivati, viene determinato dal campo spazio-temporale biofotonico. Questo determina direzione e svolgimento dei processi biochimici. In particolare:

  1. Radiofrequenze →    attivano stati di traslocazione e di rotazione
  2. Microonde e frequenze infrarosse → modulano gli stati oscillatori
  3. Frequenze ottiche ed UV →procurano l’attivazione degli stati elettronici

L’intero spettro necessario, può essere prodotto dal DNA. Secondo questo modello il DNA non funziona soltanto come matrice per la sintesi proteica, bensì come stazione radio primaria che guida tutti i processi cellulari attraverso continui accoppiamenti reattivi.