Come abbiamo visto, è ragionevole supporre che l’attività mentale sia un fenomeno quantistico ed infatti alcuni ricercatori hanno già portato delle prove a sostegno di tale tesi
Le attuali teorie fisiche dei campi includono la proprietà fisica dell’autoriferimento (come conseguenza della caratteristica matematica di non-abelianità). Grazie ad essa il campo unificato può “percepire se stesso”, ovvero le varie entità fisiche possono interagire (per esempio un elettrone che interagisce con un altro elettrone è semplicemente una perturbazione del campo unificato che “si accorge” della presenza di una perturbazione analoga). Ebbene, può essere interpretato come il primo stadio elementare di “consapevolezza”, e si può ipotizzare che il cervello umano sia strutturato in modo da “amplificare”questa proprietà. La “consapevolezza” non sarebbe il prodotto precario e quasi accidentale di un meccanismo biologico complesso (sistema nervoso e cervello), ma sarebbe una proprietà fisica fondamentale ed universale (presente a livello latente e primordiale nel “campo unificato”). Il cervello avrebbe invece la funzione di “evidenziare” ed “elaborare” questa straordinaria proprietà, così come un laser evidenzia alcune proprietà latenti della luce che normalmente non vengono rivelate.
Le onde cerebrali sarebbero pertanto un raro esempio di effetto quantistico che si manifesta alle scale dei fenomeni ordinari invece che a livello sub-atomico. Esse costituirebbero il residuo macroscopico di una funzione d’onda, ovvero una autentica macro-funzione d’onda. Le funzioni d’onda sono le entità basilari della meccanica quantistica, che indicano la distribuzione spazio-temporale dei campi quantistici, e normalmente a scale superiori a quella atomica non sono più rivelabili ma appaiono condensate o come “materia” o come “forze”. Soltanto osservando il sistema possiamo leggere un valore specifico per la quantità che vogliamo osservare: prima della misurazione non c’è alcun modo di prevedere il risultato dell’esperimento. è l’atto di misurazione che “costringe” il sistema ad assumere un valore specifico fra quelli possibili, a determinare il cosiddetto collasso della funzione d’onda.
A far collassare la funzione d’onda è, secondo la fisica quantistica, l’interferenza di un altro sistema. Per esempio, se cerco di misurare una quantità di un sistema (la sua velocità, per esempio), faccio collassare la funzione d’onda del sistema, e pertanto leggo un valore per quella quantità che prima era semplicemente una delle tante possibilità. E’ il mio atto di osservare a causare la “scelta” di quel particolare valore della velocità fra tutti quelli possibili.Una dinamica del tutto simile a quella di collasso della funzione d’onda si può osservare in psicoanalisi ed in micropsicoanalisi nella produzione delle cosiddette “idee improvvise”, quelle idee, immagini, parole, talvolta suoni o odori, che improvvisamente compaiono al livello della coscienza, al di fuori del contesto associativo.
In realtà anche la propagazione della luce è un fenomeno quantistico, descritto da una funzione d’onda di natura elettromagnetica (non a caso per l’esperienza comune la luce risulta un esempio evidente di energia “intangibile”, benché certamente fisica e reale.
Tuttavia la luce ordinaria non evidenzia interamente le proprietà quantistiche, poiché essa è luce “incoerente”: le oscillazioni della sua funzione d’onda sono “sfasate”, cioè disordinate, e tendono in massima parte ad auto-annullarsi. Il laser invece è una sorgente di luce “coerente”, le cui oscillazioni risultano “in fase” e permettono di rivelare le eccezionali proprietà dei campi elettromagnetici oscillanti (potenza, precisione, stabilità, eccetera).
La possibile analogia con il cervello umano è evidente: se si potessero rendere “coerenti” le onde cerebrali si potrebbero rivelare, nel funzionamento della mente, aspetti superiori del tutto naturali ma normalmente inespressi.
Va comunque ricordato che il cervello è un semplice strumento ed è soggetto all’intenzionalità della Mente e della Coscienza. Mente e Coscienza non sono localizzabili in un singolo organo (es. cervello). E’ possibile ipotizzare che in ogni singolo organo vi sia una mente, una coscienza con le sue emozioni. Per esempio sappiamo che il cuore può comunicare informazioni al cervello, fra cui emozioni positive: probabilmente la metafora del cuore come simbolo di amore ha basi fisiologiche specifiche; sappiamo pure dalla neurofisiologia che i neuropeptidi, che prima si pensava essere relegati al cervello, sono presenti in ogni parte del corpo, da dove inviano informazioni al cervello, e la stessa cosa vale anche per il sistema immunitario, il secondo cervello circolante del corpo. Ogni cellula ha un “cervello”, una coscienza, una mente. E’ tutto un web, tutto è un’interconnessione, le informazioni avvengono contemporaneamente in ogni parte del corpo. Per es. l’intestino comunica le sue percezioni ad aree cerebrali del sistema libico, dove si integrano emozioni non espresse. In questo contesto è utile ricordare i principi di interconnessione – interdipendenza. I nostri atomi, le nostre particelle subatomiche, si mescolano continuamente con quelli provenienti dalla terra e dall’aria, per cui le nostre informazioni subatomiche cambiano continuamente; ogni secondo noi scambiamo, immettiamo dentro di noi altre informazioni inviandole a nostra volta, a tutto il mondo che ci circonda, ambiente compreso: quindi veniamo plasmati siamo l’uno nell’altro. Nel giro di un anno le nostre cellule sono rinnovate, comprese le cellule nervose, per cui non siamo mai la stessa persona. Inoltre sappiamo che le particelle subatomiche non possono essere distrutte (sono energia con informazioni), non nascono e non muoiono, ma si trasformano. Sappiamo che un essere vivente è un sistema cellulare aperto, autoriproducibile, attraversato da flussi autoregolati di materia, di energia e di informazione che ne consentono la crescita, lo sviluppo e la conservazione. Per queste loro caratteristiche le popolazioni dei viventi sono in grado di evolversi nel tempo adeguandosi alle mutevoli.